Al centro di questo racconto è Filocleone, giudice protagonista della commedia Le Vespe di Aristofane (422 a.C.), colpevole di aver snaturato la giustizia a mezzo di mera affermazione del potere dei demagoghi. Risuscitandolo dalle antiche pagine, l’autore lo fa agire in un arco temporale lunghissimo, che va dall’Atene del tempo della mutilazione delle Erme (415 a.C.) e delle inquietanti figure di Teramene e Crizia ai nostri giorni, e ne immagina l’opera di disumanizzazione dell’uomo proprio con la forza del diritto che giustizia o – il che fa lo stesso – dignità avrebbe dovuto invece assicurare. Ma un episodio lo spinge a un radicale ripensamento del proprio ruolo, al quale contribuiscono anche pagine di filosofi e letterati, e alla consapevolezza del bisogno per il diritto di riflettere sulla sua essenza, la giustizia, rimettendo al centro l’uomo, senza il quale, scrive Sciascia, è solo «un sacco vuoto». Di ciò nell’odierna crisi del diritto, che ha espulso dai codici persino la parola giustizia, si ha di certo urgente bisogno.
Salvatore Borzì è docente di Lettere al Liceo classico “Gulli e Pennisi” di Acireale e Dottore di ricerca in Filologia greca e latina. È autore della traduzione di Eusebio, Storia ecclesiastica, I-IV (Città Nuova 2001, II edizione 2005), di studi su Apollonio di Tiana, sul Contra Hieroclem di Eusebio di Cesarea, su Sciascia, sul poeta biancavillese Gerardo Sangiorgio. Ha curato, inoltre, alcune voci per il Dizionario patristico e di antichità cristiane (Marietti 2007) e la silloge Grecia. Poesia in due atti di Silvestro Neri (Lalli 2007). Ha scritto Il Cristianesimo laico di Salvatore Satta (Rubbettino 2004), Silvestro Neri: poesia tra assenza ed esperienza soteriologica (Edizioni Aesse 2008), Sull’importanza della letteratura. C’è ancora speranza di salvezza per l’uomo? (Bonanno 2011) e Leopardi e i volti di Dio (Bonanno 2015), che ha ricevuto il XXVIII premio “Anassilaos” per la saggistica 2016. L’alunno del tempo è il suo primo romanzo.
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