L’esistenza di Angela è avvolta nel mistero. Marco Stevo, maestro di chitarra e grande virtuoso, se ne innamora rimanendo intrappolato in una vita non vissuta. Si può amare un fantasma?
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Catania, amore e mistero
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Ettore Limoli
L’orizzonte degli eventi
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Tutto ciò che sta sull’orizzonte degli eventi ci appare immobile, fisso, mentre, in realtà, sta precipitando dentro.
COD:
978-88-9341-524-8
Categoria: Narrativa
Descrizione
Informazioni aggiuntive
Dimensioni | 14 × 21 cm |
---|---|
Autore | Ettore Limoli |
Collana | Scritti |
Copertina |
Flessibile con alette |
Formato |
Cartaceo |
Numero di pagine |
184 |
Recensioni (1)
1 recensione per L’orizzonte degli eventi
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About Ettore Limoli
Ettore Limoli è un docente di Matematica e Fisica, esperto di Informatica, in pensione. Scrittore al suo secondo romanzo, è un musicista dilettante e compositore. Da giovane ha condotto un programma di musica classica per una radio locale.
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Concetto Rossitto (proprietario verificato) –
Lo strano libro del sor Ettore e del prof. Limòli (dove sor sta per sornione).
Non sono un critico letterario. Sono solo un lettore ed anche un vecchietto che, tempo fa, ha insegnato…
Conobbi Ettore circa 27 anni or sono, presso il liceo Einaudi, dove lui insegnava, meritando stima e apprezzamento da parte di colleghi, alunni e genitori. Guardatelo. Il suo viso è il suo ritratto interiore. I suoi modi di fare ne tradiscono l’indole: è riflessivo, trasognato, attento a ciò che lo circonda eppure apparentemente distratto; sornione forse di natura e certamente per habitus mentale acquisito, dissimula la sua attenzione; prima di profferir parola, sembra quasi trattenere il fiato ed i concetti. Poi li esprime lentamente, soppesando i termini e organizzando i suoi enunciati, quasi per corroborare le sue opinioni e le sue affermazioni con tutto lo scibile che si porta dentro. Non asserisce: spiega. Ama l’umanità (quella onesta, per la precisione); tollera tutto e tutti, ma preferisce tenersi a distanza da persone poco stimabili tanto che tiene a evidenziare la mancanza di parentela con qualcuno che ha il suo stesso cognome (“ma con un accento diverso!” – come egli tiene a precisare); vive in modo schivo, ma comunica molto bene cogli altri; prima attraverso il suo magistero docente e ora con la musica che compone e coi libri che va scrivendo. Libri strani, in cui si diverte a narrare quasi… tanto per narrare ma anche per de-tabuizzare certi aspetti della realtà umana sino a poco tempo fa considerati innominabili (come ha fatto nella sua precedente opera) o in cui si diletta a intrattenere il lettore con la narrazione di vicende misteriose… contessute con mille variegati episodi del passato e del presente… e col suo mondo interiore. Come appunto fa in questo suo nuovo testo. Testo? Sì. Forse questo è il sinonimo più appropriato. Vedremo perché.
Ettore crea un buco nero per raccontarci, con pazienza e richiedendo pazienza a noi lettori, ciò che si muove, quasi al rallentatore, al di qua del buco nero. «Festina lente» potrebbe essere il suo motto. Così sembra procedere nella scrittura e così sembra suggerire di procedere al lettore: «Non aver fretta di arrivare alla rivelazione finale del caso, ma leggi con attenzione e poni mente anche a tutto il resto, che non è propriamente accessorio». Il suo ricorda il modo di narrare di alcuni vecchi di un tempo, i cui racconti erano costellati di digressioni, ramificazioni e puntuali precisazioni, finalizzate ad una esatta identificazione dei personaggi. Al termine delle quali, l’espressione “benedetto Dio” (condivisa da narrante ed ascoltanti) segnava il ritorno al filone principale.
La vicenda misteriosa ricamata in primo piano. Marco, musicista e concertista affermato, ritorna al suo paese natio per far dono ai suoi concittadini di un concerto, su invito del barbiere. Mentre poi si reca a Catania, per tornare a Roma, al sopraggiungere della notte, incontra sulla strada, davanti al cimitero, una giovane in abito da sposa e… poco dopo trascorre con lei una piccante, straordinaria, indimenticabile, travolgente notte di amore… come abitualmente o comunemente succede… solo nei film e nei romanzi.
Chi sarà mai la donna del misterioso incontro? Buco nero! Ettore riesce a farci rimanere appesi alla nostra curiosità. Arriveremo a saperlo solo quando una rivelazione (in due tempi) ci attrarrà in quel buco nero. Il lettore partecipi alla “ricerca” condotta dal protagonista Marco e si goda tutto ciò che avviene, quasi al rallentatore, entro… l’orizzonte degli eventi (sul limitar di… quella soglia oltre la quale anche la luce viene fagocitata dal buco nero).
Ma cosa avviene o, meglio, cosa viene raccontato? Non tocca certo a me anticiparlo. Posso solo suggerirvi una possibile chiave di lettura e di organizzazione dei fatti e di tant’altre informazioni e riflessioni che si dipanano nella narrazione/esposizione (o si contessono nel…testo).
Nel libro, da semplice lettore, mi pare di poter individuare tre filoni:
F1 filone didattico-educativo. Sicut sacerdos magister: in Aeternum. Forse è per questo che Ettore Limoli non sveste la sua funzione di docente anche quando indossa quella del narratore. Ed è per questo, probabilmente, che non cessa di esercitare il suo magistero didattico anche nel romanzo: illustrandoci, ad esempio, il concetto di buco nero; o spiegandoci l’espressione “orizzonte degli eventi” come quella teoria scientifica secondo la quale, prima di sparire nel buco nero, i corpi da esso attratti sembrano soffermarsi in un attimo di eternità o in una sorta di sospensione esistenziale. Questo effetto di visione al rallentatore è probabilmente dovuto al fatto che la luce emessa dai corpi celesti risucchiati dal buco nero viene essa stessa attratta e quindi frenata o rallentata (almeno inizialmente) nel suo viaggio verso di noi prima di essere totalmente assorbita assieme al corpo che la emette e sparire oltre quella “soglia” che si chiama appunto “orizzonte degli eventi”.
Ma nel libro non troveremo solo il buco nero e il connesso orizzonte. Ettore ci propinerà, da maestro, spiegazioni, insegnamenti, osservazioni, critiche sul decadimento della società… ma anche celebrazioni dei grandi sogni unitari, aspirazioni ad una vera Europa Unita ed ad un nuovo mondo, la speranza di una Unione delle nazioni (ben diversa dall’attuale ONU) … Idealità, queste, che si proiettano nella musica e che la musica esprime nel modo più idealizzato… e… che trovano anche un simbolo nel nome e nella vicenda umana della madre Sava.
A ben vedere, le numerose digressioni didattiche sono tutte, in vario grado, necessarie o, quanto meno, utili nell’insieme dell’opera strana in cui l’autore-magister vuole sollecitare il lettore a contemplare realtà vere, illusioni e mezze verità, compresenti in un mondo complesso, dove la verità è superiore al singolo tratto conoscitivo, di per sé vero. Ettore narratore agisce un po’ come fa solitamente il docente: offre spunti, informazioni, riflessioni personali e, con un atteggiamento maieutico, predispone lo studente alla scoperta, cioè all’interpretazione sua o alla sintesi personale di quanto è stato proposto alla sua attenzione. Molti di quei “semi” andranno perduti; qualcuno si fisserà nella memoria e nella coscienza e forse farà parte per sempre della formazione interiore, della forma mentis, della coscienza… della persona ricevente. Così funziona il rapporto interpersonale tra educando ed educatore. Perché non potrebbe funzionare anche tra narratore e lettore? Tuttavia non me la sentirei di dire che Ettore abbia voluto scrivere un libro di formazione. Sbaglierei a pensarlo. Lo strano libro è un romanzo, non un volumetto di precetti. È un’opera narrativa assimilabile ad una fune… nella quale si arrotolano vari trefoli. Nulla di male se alcuni di tali trefoli siano quelli di cui si compone la personale visione del mondo dell’autore, come è venuta fuori dai racconti di fatti accaduti o narrati nel suo ambiente socioculturale di origine: quello della Melilli della metà del secolo scorso. Forse le nozioni provenienti da una cultura “alta” possono ben legarsi alle fibre mutuate da una sociocultura e da una storia locale. Forse all’interno di una storia stravagante, improbabile, intrigante… può anche esserci spazio per tanta altra roba che val ben la pena di proporre all’attenzione dei lettori. Ai quali forse non capiterebbe mai di leggere un racconto sullo strano rapporto conflittuale, ma intessuto di stima reciproca, tra un avvocato ed un medico di paese ormai estinti da tempo: esimi personaggi dei quali la storia con la S maiuscola (che si legge nei manuali scolastici e nei testi specialistici confinati negli Istituti universitari) non recherà mai traccia. Perché non inserirli ed immortalarli (possibilmente) in un testo complesso? Perché non far confluire riflessioni sul presente con memorie del passato in una narrazione … sperimentale? Simile al flusso di coscienza? No. Ma in qualche modo tale da consentire all’autore di filare tre filoni e di avvolgerli o intrecciarli come trefoli di un’unica fune, altro termine che potrebbe offrirci una sorta di immagine metaforica di questo strano romanzo.
Con questo intento formativo, credo, Ettore magister in aeternum ci regala a profusione informazioni di vario genere: musicali, scientifiche, sociologiche, storiche… Dissemina qua e là, nel suo strano romanzo, considerazioni varie anche sull’epoca contemporanea: sull’Europa largamente imperfetta; sull’inadeguatezza delle forze politiche; sui difetti della democrazia imperfetta ma perfettibile, ecc. Proprio come fa un docente, che intenda svegliare le coscienze dei suoi alunni ed orientarli alla scoperta critica della realtà, senza nascondere la sua “visione” (o la sua ideologia) ma anche senza pretendere di imporla apoditticamente, lasciando ai giovani la ricerca di un loro punto di vita e di una loro posizione politica rispetto alle tematiche prospettate per ampi e indefiniti scenari. Egli opera, dunque, per suggerimenti di problemi affascinanti, piuttosto che per somministrazione di indottrinamenti e rappresentazioni di soluzioni pratiche. Non vuole propagandare una sua ideologia. Tutto questo in un romanzo? Sì. In uno strano romanzo! In un testo contessuto di tanta roba.
Ma, a pensarci bene, questa propensione alle divagazioni in un contesto narrativo non trova anche dei precedenti illustri? Chi non ricorda le digressioni manzoniane? E anche nella narrativa più recente i riferimenti all’attualità non mancano di certo, anche se risultano di solito poste in bocca o in mente ai personaggi. O nei passi descrittivi.
Ettore, nel corso di queste digressioni “educative” o formative, dialoga col lettore, come risulta evidente anche dalle formule di passaggio o di sutura con cui lascia e riprende la narrazione. Il libro è, insieme, narrazione di una o più vicende (poiché ci sono vari racconti inseriti nel racconto) e dialogo coi lettori.
Ma (e questo forse da qualcuno potrebbe essere considerato un eccesso) l’autore ricorre anche a note fuori testo per arricchire la sua offerta. Scelta sua. Rispettabile! Qualcuno potrà pensare che forse sarebbe stato meglio optare solo per le digressioni inserite nel testo narrativo oppure espungerle dal racconto e confinarle tutte nelle note. Chissà se l’autore vorrà tener conto di questo mezzo suggerimento in qualche sua nuova opera in fieri o in qualche prossima stesura del romanzo?! Decida lui. Fatti suoi. Probabilmente declinerà questo suggerimento perché non potrebbe collocare in note l’ampia messe di informazioni, riflessioni e racconti di cui è contessuto il testo.
Comunque, al di là delle scelte insindacabili dell’autore, bisogna riconoscere che il filone formativo-educativo non costituisce un elemento occasionale o accessorio nell’economia del libro: ne rappresenta un pilastro portante. E ne è consapevole l’autore che definisce “strano” il proprio prodotto. Scrive, infatti: “Strano…?! Questo è un libro strano! Quindi è normale che sia pieno di stranezze. Non stupitivi più di tanto”. Pag. 7.
F2 filone amarcord (in cui troviamo ricordi, personaggi del passato e della storia locale, antenati del protagonista e dell’autore, la storia in divenire e il contesto in cui si inserisce la vita del protagonista).
L’altro filone è quello che si potrebbe definire amarcord. Esso comprende i ricordi che riemergono dal passato per associazione ad eventi presenti o per il loro accostamento a nomi di personaggi come Sava. In questo filone sono da collocare gli episodi relativi all’infanzia del protagonista Marco, la scoperta del suo talento, l’inizio della sua formazione, il ruolo del barbiere del paese, e… insomma, tutto l’antefatto, sino al successo, all’esibizione offerta ai compaesani per interessamento del barbiere e… infine… (a mo’ di racconti nel racconto) la storia dei genitori di Marco e l’eroica vicenda del nonno omonimo. Questi inizialmente aveva svolto l’attività di scrivano presso lo studio dell’avvocato Giarrizzo, padre della nonna Maria. Accortosi che il giovane dattilografo amoreggiava con la figlia Maria, il severo avv. Giarrizzo licenzia il giovane. Il quale si fa promettere dalla ragazza di aspettarlo e si reca in America, in cerca di fortuna. Riesce ad ottenerla e a diventare cassiere di una banca e poi socio del proprietario di essa. Quindi il giovane rinuncia a quella sistemazione brillante per tornare al paese, dove sposa la sua Maria per fuitina e, grazie alla propria intraprendenza personale, diventa proprietario di una esattoria, dimostrando al suocero la sincerità dei suoi propositi nei confronti di Maria e le sue personali capacità e dissipando, ad un tempo, ogni sospetto di aver corteggiato la ragazza per opportunismo, cioè per conquistare il classico “buon partito”.
Molto significativa, in questo filone, anche la narrazione di qualche aneddoto relativo ai rapporti tra l’avvocato Giarrizzo e il dottor Crisci, L’uno è il medico dell’altro, che è l’avvocato di fiducia del primo. I due si stimano ma non si parlano direttamente, poiché sono avversari politici: avversari! Non nemici! Quindi in certe occasioni, pur in presenza, si parleranno per interposta persona, recitando una sorta di simpatica commediola. Si ha chiaramente l’impressione che Ettore abbia prestato al protagonista i propri antenati. Forse anche solo per ricordarli, proiettandoli in un’opera di fantasia, ricamata però su un canovaccio di vita reale del paese natio e di ricordi della famiglia di appartenenza. In altri termini si ha la quasi certezza (molto meno, dunque, che presunzione di possesso della verità) che uno dei due personaggi ed altri di altri racconti inseriti nel romanzo siano da annoverare tra gli antenati dell’autore. Anche la storia, romantica e pur reale, dei genitori (dottor Mario e Sava), anch’essa antefatto rispetto alla vicenda del protagonista Marco, costituisce elemento significativo di questo filone amarcord, che integra i ricordi (reali e storicamente ambientati) nella vicenda fantastica ricamata in primo piano.
Questi ricordi storici di vicende vissute dai familiari (dell’autore) sono contessute di aneddoti gustosi, così come accade quando in una famiglia si raccontano episodi capitati ai vari componenti.
Il romanzo è dunque una sorta di saga familiare? No.
Forse tutto ciò è digressione? Ma chi lo ha stabilito mai che un libro debba essere monotematico e che esso si debba limitare a raccontare solo la storia di un misterioso incontro e la successiva ricerca di significato e di possibili sviluppi? Chi può pretendere che l’autore non possa utilizzare a suo piacimento quella trovata narrativa, posta in primo piano, per offrirci in realtà alcuni spaccati della vita di paese, nel tempo di ieri, e per farci constatare (anche cogli occhi di Marco) la distanza di quel mondo dalla non-realtà di oggi, che ci vede immersi o catturati nel mondo della finzione, dell’impostura, della “realtà virtuale”, del metaverso, della dissipazione… nonostante una tenace fedeltà ai principi morali ereditati? E qui mi fermo. Ma vi esorto a non dimenticare questo “avviso ai naviganti ignari” che sto rivolgendo ai potenziali lettori. Ma forse questo sibillino avviso sarà più chiaro… dopo la lettura.
Questo secondo filone (definito amarcord) sembra quasi incrociate il primo, offrendo così una tessitura a maglie larghe, sulla quale l’autore potrà disporre (a intersezioni, a puntate, a tratti o… a ricamo) la vicenda assolutamente straordinaria dell’amore sensuale per la misteriosa ed affascinate Angela. Il libro sembra dunque configurarsi quasi come una sorta di divertissement in cui si intrecciano o si avvolgono, scomparendo e ritornando in primo piano, note elegiache di reminiscenza o frustuli del passato dei personaggi e dell’autore, riflessioni e spiegazioni dello stesso (magister in aeternum) e passi relativi alla ricerca della spiegazione/soluzione del mistero.
F3 filone narrativo, estremamente intrigante, costituito dalla vicenda erotico-sentimentale-misteriosa… Possiamo immaginarlo come un filone rosso-nero: rosso come la passione irrefrenabile per la donna, travolgente nelle sue magistrali prestazioni erotiche; nero per la donna del mistero, la bruna conturbante emersa dal buio in abito bianco da sposa, poi scomparsa nel buio e… riemersa attraverso l’immagine impressa su una foto in ceramica apposta su una tomba (ingrediente da libro noir). Nero come il mistero o come quell’aura di spettrale vicenda paranormale, che in certi passi obnubila la percezione del protagonista, turba la sua ricerca di spiegazioni dell’accaduto e ottenebra anche la comprensione del lettore. Il quale però è sedotto dal mistero ed è quasi costretto a proseguire la lettura, impaziente di penetrare nel buco nero per capire la vicenda e per dipanare l’intrigante narrazione che intreccia un’esperienza vissuta dal protagonista (che non ha sognato!) con l’impossibilità di ammettere razionalmente l’accadimento, intriso di connotati inverosimili ed incredibili. Accadimento che è, ovviamente, frutto di invenzione letteraria, anche se l’incontro con Angela è “reale” per il protagonista-personaggio.
Ettore fomenta la curiosità e intanto se la prende comoda, somministrando al lettore riflessioni, sguardi sul presente e sul passato, storie vere di persone vere, storie inventate occorse a personaggi inventati, aneddoti gustosi, ecc. ed anche una lezioncina di filosofia della conoscenza.
La conoscenza secundum Limoli. I limiti del verum-factum. Se Vico si era fermato ad affermare il “verum ipsum factum” (la verità coincidente con la constatazione di un fatto è diversa dalla certezza personale circa il fatto filtrato dalla memoria; verità ≠ certezza ), Ettore aggiunge che tale “verum ipsum factum” può anche essere distorto dalla prospettiva da cui lo vede l’osservatore o da altri eventuali “filtri”. In altri termini la visione diretta o la constatazione di un fatto ci può rivelare un aspetto vero di esso, ma può non coglierne la verità completa. Quasi correggendo Vico, Ettore tiene a precisare che di un evento possiamo cogliere per constatazione un singolo aspetto vero, ma può anche sfuggircene la complessità. Con tanto di dimostrazione e grafico a pag. 109. Possibile che ci sia anche questo nel libro? Leggere per credere. Ovviamente quello del grafico è solo un esempio. Il discorso (del magister Ettore) dovrebbe suggerirci di essere sempre attenti a capire che la verità può essere sempre più complessa di quanto ci possa rivelare sic et simpliciter la nostra constatazione diretta. Ottima lezione, prof. Limòli! Da registrare nella memoria assieme a quella, magistrale, tenuta da Gino Corallo su questo tema… in illo tempore. In fondo è vero che l’incudine non è poi così massiccia e piena come ci rivelano i nostri sensi; nessuno di noi riesce a constatare che essa è piena soprattutto… di vuoto. E non per una questione di prospettiva. Ettore ci insegna a dubitare persino di ciò che ci appare vero per evidenza, per constatazione attraverso i nostri sensi personali. Sornione, sembra dirci: “Dubita, ragazzo, dubita!”
I protagonisti. I protagonisti del terzo filone (che solo ad un lettore ingenuo potrebbe apparire come l’unico) sono innanzitutto Marco, Angela e poi, in subordine, gli altri che incontrerete nel corso della lettura, a cominciare dal collega-amico-musicista Stefano.
Ma protagonisti sono anche il barbiere del paese, che organizza una esibizione di Marco nel paesello natio, sul balcone degli Iblei, affacciato su un orizzonte che consente alla vista di spaziare sino a Catania, all’Etna e, talvolta, sino alle coste dell’estrema Calabria; il nonno di Marco (il dott. Marco), la nonna Maria, la madre Sava, che reca nel suo nome un sogno di convivenza pacifica e civile di vari popoli europei, il padre Mario, e poi il ciaraulo… In altri termini, protagonisti divengono, a tutto tondo e a pieno titolo, anche i personaggi delle storie inserite nella narrazione ricamata in primo piano, cioè nella intrigante vicenda schiaffata in superficie per allettare, avvincere, incuriosire… il lettore. Si tratta dunque di un romanzo corale? No. Ma in qualche modo attorno al protagonista ruotano, in momenti diversi, e si alternano vari… quasi coprotagonisti.
E, infine, protagonista occulto e pur palese, sarà sempre l’autore, onnipresente nelle pagine attraverso la voce narrante, che ci rivelerà progressivamente tutta la vicenda; l’autore onnisciente, che riferirà aneddoti della vita paesana e antefatti appartenenti alla storia degli antenati di Marco; e che ci narrerà, a pizzichi e a bocconi, la lunga ricerca che Marco intraprenderà per arrivare infine alla soluzione del mistero. Ma la soluzione non sarà attinta per ricerca (come accade in un giallo ordinario); avverrà per rivelazione. E ciò (oltre al fatto che qui non c’è un delitto né la ricerca di un colpevole) differenzia il libro anche dal giallo. Dunque all’eventuale domanda se si tratti di un giallo, la risposta sarà ancora una volta negativa: No!
Ovviamente non spererete che io qui vi anticipi tale rivelazione. Il mio compito, in questa sede, è quello di incuriosirvi e di invogliarvi alla lettura; non certo quello di spifferare o di svesciare in anticipo la conclusione della vicenda narrata o tessuta su quell’ordito e su quella trama a cui ho accennato o… composta da Ettore su una sorta di pentagramma invisibile. Perciò scusatemi se non aggiungo altro e mi limito ad augurarvi buona lettura e buon divertimento.
Brevissima post-fazione. Ma che diamine ha scritto Ettore Limoli? Un saggio? No, anche se il suo strano libro contiene ed integra anche elementi del genere “saggio”.
Un romanzo giallo? No, anche se la ricerca operata dal protagonista presenta aspetti del “giallo”. E oltretutto qui manca il cadavere o il delitto e non c’è un colpevole.
Un noir? No, anche se non mancano ingredienti di tal genere (la dark lady, che qui è vestita di bianco; l’atmosfera paranormale; la cappa di mistero).
L’autore lo ha definito romanzo “strano”. State contenti, umane genti, al quia. Prendete e gustate: questo è il suo scritto. Poi, dopo averlo letto, gli farete tutte le domande che vi salteranno in mente. Anzi, cominciate da subito ma voglio sperare che non sia lui a guastarvi la sorpresa. Io credo di essermi astenuto dal farlo. Spero solo di avervi incuriosito. Buona lettura.
Concetto Rossitto