La langue-espace ha una lunga storia, che non è esattamente identificabile con colui che l’ha teorizzata: ossia con Yves Bergeret. È la trama, invero, dei segni antropici che l’uomo intesse con la natura di un luogo, facendolo diventare un testo che il poeta-viaggiatore si incaricherà di leggere; per restituirlo, poi, nella sua scrittura. [
] Da queste prime righe si sarà capito, allora, che Bergeret è un particolare uomo di lettere; che ha sempre coniugato la poesia al viaggio, all’esplorazione. Ha infatti iniziato come poeta della montagna, “calibrando” il piede dei suoi versi al passo delle scalate sulle sue Alpi, nella regione della Drôme. Da quelle vette è poi sceso per percorrere i quattro angoli del mondo (
) maturando l’anzidetta concezione di langue-espace. Che lo spinge a intrecciare significative relazioni con gli abitanti delle regioni da lui esplorate, ribadiamo. E soprattutto con gli artisti di quei luoghi; ovvero con la musica, le arti plastiche e l’arte popolare di coloro che lui chiama poseurs de signes. E non a caso lo si definisce, Yves, “poète-plasticien”. Laddove quel “plasticien” sta a significare «artista specializzato nelle ricerche plastiche» (
). Ma che dire, poi, del dettato poetico di Bergeret? Che è una singolarissima forma di “animismo poetico” occidentale e forse una delle postreme vie che il simbolismo francese ha guadagnato nella seconda metà del Novecento (Yves è nato nel 1948). [
] Mentre quest’ultimo, infatti, era il conseguimento di un puro dato estetico a partire dalla propria realtà interiore, lì arrestandosi, quello di Yves opera il procedimento inverso; situandosi il poeta fisicamente e spiritualmente nello spazio, invece, e in intima relazione con esso. (Dalla Prefazione di Giovanni Miraglia)
Yves Bergeret, nato nel 1948, vive a Parigi e a Die, sulle Alpi francesi. È poète plasticien e saggista e crea – ma soprattutto vive – la sua “poésie en espace”. Le sue ricerche poetiche e artistiche – effettuate ai quattro angoli del mondo – danno vita a libri, a installazioni e a performance alle quali sono associati, “en dialogue ouvert”, creatori popolari che lui definisce “poseurs de signes”, come gli artisti del villagio Dogon di Koyo, nel Mali, con cui ha lavorato per dieci anni. Anche in Sicilia ha operato a lungo, in un intenso dialogo aperto con diversi nostri artisti, e sull’Isola ritorna spesso. Ha collaborato a lungo col Centre Pompidou. La sua opera ha spesso una valenza antropologica. Fra le sue numerosissime pubblicazioni ricordiamo: Poèmes de Prague, Le temps qu’il fait, Cognac 1992; Si la montagne parle, Voix d’encre, Montélimar 2004; La mer parle/Il mare parla, Edizioni Leggerete, Catania 2007; Voi siete qui. Una dimora in Noto antica (in collaborazione con gli artisti Pia Scornavacca e Carlo Sapuppo), Edizioni Sinapsi e Pixel, Catania 2010; L’uomo inadeguato/L’homme inadéquat (trad. Francesco Marotta), Edizioni Forme Libere, Trento 2014.
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