La poesia è purezza assoluta e allontanamento dalla realtà materiale. Nessuno di noi può scrivere del mondo se non riesamina se stesso, se non si rivela nella verità sfuggevole dell’esistenza. Il silenzio prima di tutto, poi l’abbandono alla perifrasi e al disfemismo. Mostrarsi a se stessi in uno scrivere compulsivo e schizofrenico, che accende il fuoco che dà luce all’oblio e si mostra prima come sentimento puro, amore sconfinato, emozione ingenua capace di distoglierci dalla realtà, poi come materia reale, paradossale, mostro meccanico che dissolve, consuma deteriorando. Un’Aletheia, dunque, che si frammenta nel linguaggio poetante, l’unico e solo possibile, nonché grande generatore dell’uomo. Questo «esserci attraverso il pensiero poetico» convive in ciascuno di noi con il suo opposto, anch’esso insito nel profondo oblio della nostra coscienza. Due forze opposte, una da dominare, l’altra da alimentare. Un nulla interiore e un desiderio frustrante di potenza. La purezza del pensiero che diventa essere e si manifesta come forza creativa, libera da ogni menzogna, rimane tale finché non si annulla nelle azioni umane spesso incontrollate e condizionate. L’azione umana corrompe il pensiero poetante trasformando l’amore in un mostro senza identità e senza etica. Un cerchio che si chiude e si apre nella dicotomia Amore-Mostro, nel pensiero puro che si annulla nell’affermazione dell’Io assoluto.
Salvo Vecchio nasce a Riposto (CT) nel 1976. Laureato in Lettere Moderne, si specializza in Filologia Moderna. Ha esordito con racconti e poesie nella raccolta, di autori vari, dal titolo Raudi. Esplosioni dalla periferia, edita in proprio e recensita su “La Repubblica” del 15 Agosto 2010. Ha scritto e messo in scena numerose commedie e drammi, molti dei quali in vernacolo. Ha guidato diversi laboratori di scrittura creativa per adulti, adolescenti e bambini (progetto PerVersi). Per i nostri tipi ha già pubblicato Zero. Geosynchronous orbit (2016).
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