I pensieri di ciascuno di noi sono scritti nel profondo di ciò che resta delle nostre esperienze. La poesia è il risultato di quanto abbiamo provato e rielaborato, di uno o più vissuti che in qualche modo influenzano e scuotono quanto di sopito si nasconde dentro di noi. I pensieri diventano poesia quando escono fuori, talvolta confusi, convulsi o ineffabili, altre volte invece quando si mostrano reali, crudi ed esistenziali. La poesia si genera dentro di noi, spinta dai nostri sentimenti, permette la materializzazione di qualcosa di segreto e profondo o di un istinto primordiale manifestato in tutto il suo potenziale materiale e transigibile. Un movimento di idee che passa da uno stato immateriale e confuso sopito dentro ciascuno, svelato in forma emotiva e spontanea per pochi attimi, e uno stato materiale fatto di scambi di opinione, di esperienze concrete e di tutto ciò che rappresenta il mondo fisico e corporeo che ci permette di esprimere in concreto quanto di più assurdo siamo capaci di sentire dentro. È come se si verificasse uno stato di coscienza che rimane inalterato, concludendosi usualmente con la scrittura di una frase assoluta e profonda. Essa rappresenta in modo universale e momentaneo un mondo interiore che si smaterializza pian piano perdendosi dentro di noi, fra le infinite cicatrici che restano di quanto viviamo. Il mio “fare” poesia non è consacrato in inutili esercizi di stile, poiché essa è spontanea, selvaggia e naturale. Di essa si potrebbe affermare che vive prima di posarsi in forma di lettere sul foglio in cui viene scritta e che cerca di ripetersi quando suscita lo stesso stato d’animo anche in chi la legge. Potremmo affermare allora che tale traslitterazione è una forma di sublimazione di un’anima e di un corpo che come in una prosaica metafora s’incarna in senso Lakoviano in un pensiero primitivo e ontologico. La poesia è dunque ricerca che si manifesta come coscienza cosmica e si riflette dentro ciascuno, appena il modo in cui sentimento inconscio diventa frutto di quanto i nostri sensi percepiscono e rielaborano. Qualcuno, forse tutti i poeti, tornano più volte su ciò che scrivono perché vogliono che quanto è scritto da loro sia perfetto, ordinato e organizzato. Il contenuto di questa raccolta è frutto di un’immediata riflessione che come un orgasmo si conclude in un unico momento di Climax.
Salvo Vecchio nasce a Riposto (CT) nel 1976. Laureato in Lettere Moderne, si specializza in Filologia Moderna. Ha esordito con racconti e poesie nella raccolta, di autori vari, dal titolo Raudi. Esplosioni dalla periferia, edita in proprio e recensita su “La Repubblica” del 15 Agosto 2010. Ha scritto e messo in scena numerose commedie e drammi, molti dei quali in vernacolo. Ha guidato diversi laboratori di scrittura creativa per adulti, adolescenti e bambini (progetto PerVersi).
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